IX – Hen kai pan

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Max Klinger, Il rapimento della luce, 1894 (acquaforte e mezzatinta)

Al pari delle stelle non vi è schiera, molteplice e anonima, che possa sottrarsi al principio di individuazione. Questo processo muove dal gruppo, procedendo per isolamento, fino all’identificazione di un singolo il cui destino è il sacrificio in quanto rappresentante della specie, per la propria salvezza. Così il sacrificio del più antico dio conosciuto dall’uomo, il Sole, non comporta nient’altro che il salvataggio degli astri celesti nell’oscurità della notte.

Un processo simile accade in Grecia quando si volle trovare ad un satiro un nome appropriato: egli fu Pan. Nella lingua del suo popolo egli era « Tutto ». Giovanni Semerano, venuto dopo i Greci ma intento a indagare le radici di questo popolo, volle ricondurre questo nome ad un « volto » luminoso e chiaro: il volto del Sole.

Che nella sorte dell’emarginato si ripresenti il dramma originario, conosciuto nella storia dei generi come dramma satiresco, è evidente non appena si riprenda in mano una delle innumerevoli genealogie di questo demone. La ninfa Driope, sua madre, lo vide e scappò nel pianto, rifiutandolo appena nato; mentre gli dèi lo accolsero fra di loro con una risata. Quale altro destino possibile del resto per chi, già nella nascita, è ogni cosa?

Pan non mancò di onorare il debito verso chi lo accettò deridendolo. Così, durante l’attacco di Tifone agli dèi, egli si salvò dal mostro nascondendosi nelle acque del fiume egizio, mutandosi per metà in pesce. Il mostro passò senza riconoscerlo e gli dèi poterono così essere salvati. Come ricompensa per un simile gesto a Pan venne dato un nuovo nome – unico eppure impersonale – e un nuovo luogo in cui abitare fra le stelle e il sole, fra il molteplice e l’uno, nello spazio intermedio del cielo: nella costellazione del Capricorno.

Gli dèi non sono fuggiti, piuttosto essi sempre devono essere salvati. Ma che ne resta oggi di questa speranza?

“Quando sarai a Palode, annuncia che il grande Pan è morto.”

Plutarco, Il tramonto degli oracoli (trad. di Marina Cavalli e Giuseppe Lozza)

Mattia Macchelli

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