IV – Il cavaliere di Praga

Chissà se l’inquieto boemo Rilke, nelle sue giovanili passeggiate per Praga, amasse soffermarsi davanti al Clementinum, nella Città Vecchia; un casermone barocco da cui in buie epoche si alzarono comignoli di libri bruciati, mentre nella propria cella il censore gesuita Koniáš con ascetica nevrosi compilava e perfezionava l’ Index librorum prohibitorum. Là, sulla parte sinistra dell’edificio di fronte, una statua di cavaliere scruta il lontano orizzonte in attesa di qualche cosa.

Nel sottobosco delle leggende si vocifera che il Cavaliere di Ferro sia stato scolpito cavo al suo interno. E’ lo spazio vuoto dalla Vita, liberata dalla Morte, e solamente un ammasso stante di ferraglia resta in fedele attesa del suo padrone. Chissà se Rilke, passeggiando per la Città Vecchia, davanti al severo Clementinum, avrebbe apprezzato quell’opera e con un sorrisetto ricordato la sua poesia di gioventù.

IL CAVALIERE

In fosca armatura d’acciaio,
via pe’l frastuono del mondo,
il cavaliere calvalca.
Ed ecco la luce e la valle,
l’amico, il nemico, il convito,
il maggio, la selva, l’amore;
e Dio – per migliaia di volte –
su tutte le strade del mondo.

Ma dentro la ferrea corazza
(tra maglie, tra sbarre di tenebra)
è accovacciata la Morte.

E pensa e ripensa:
« Oh, quando la ignota
spada ribalenante
balzerà dalla ferrea siepaglia
delle schiere nemiche,
a liberarmi da questo
tenebroso coviglio
ove prona e constretta trascorro
interminabili giorni,
sì ch’io ne balzi distesa,
vibrando di suoni e di canti?

Chissà se i giovani d’arme, al mattino della chiamata, quando nella corazza si dovevano raffreddare dal calore dell’amata; chissà se questi, tra le fessure di ferraglia, vedessero la morte o la speranza. Quanto difficile abbandonare lenzuola intrise di amore per cercare sangue straniero; e quante armature senza volto tornate al cospetto di fanciulle, la cui attesa – che le budella gli ha aggrovigliato come un insonne le lenzuola – è stata vana, poiché al posto di brucianti mani un metallico abbraccio di creatura cava gli porgeva, di se stessa, il cordoglio.

Patrick Oliverio

10435915_1005524739464160_4917430965647423827_nJosef Uhl, Alba, 1913 (puntasecca)

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